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Il mercato pubblicitario italiano: il rapporto tra clienti e agenzie

“Il mercato pubblicitario italiano e’ piuttosto arretrato. Non a
causa dei clienti bensi’ a causa delle agenzie. Le agenzie sono state
tirate su male. Sono convinte che il punto sia dare ai clienti
esattamente quello che vogliono: non discutono, non argomentano, non
fanno niente. E’ assolutamente ovvio che non hanno convinzioni
riguardo quello che pensano.”

Tim Delaney


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4 commenti:

Brain Emotion ha detto...

Sono titolare di un'agenzia e posso concordare anche se solo in parte con questa affermazione.
Sicuramente vedo troppo spesso in giro lavori "brutti" non solo esteticamente ma su un piano tecnico di comunicazione che derivano dal mancato rifiuto delle agenzie di fornire un reale servizio di consulenza. Guidare il cliente verso un prodotto che pur se esteticamente può non incontrare il gusto sia corretto su un piano dei fondamenti di comunicazione è una chiara responsabilità del ns. lavoro che spesso molti assoggettano a interessi di fatturato. Vero è d'altronde che il mercato è molto competitivo e ciò che tu oggi rifiuti di fare qualcuno con meno scrupoli professionali farà e che il cliente spesso si rivolge alle agenzie più come "produttori" che come consulenti, lasciando pochissimo spazio ai commenti o rifiutandoli di qualsiasi genere essi siano.
Ho la fortuna di avere clienti che interagiscono con noi e che realmente ci chiedono un consiglio nel fare le cose ma non sempre funziona così e questo innesca un circolo vizioso che non porta vantaggio a nessuno. Le agenzie lavorano male e il loro stesso lavoro si scredita. Il cliente ha un prodotto non sempre di qualità che scredita l'utilità stessa della comunicazione e pubblicità.

spai ha detto...

Ed è colpa delle aziende quando i responsabili della comunicazione gestiscono questo rapporto amoroso tra cliente e agenzia come fosse un assegno di mantenimento, come se il rapporto tra i due partner fosse già esaurito, consumato, irreparabilmente compromesso… E sempre più agenzie invece di sviluppare, consigliare, criticare si fermano alla compiacenza del singolo, alla relazione con chi ha è responsabile del si o del no. Ed è questo il grave limite: non si tratta di giocare una partita tra prodotti, cliente e mercato, ma solo di ingaggiare l'allenatore, di fargli dire quel fatidico si.

Troppe volte l'importante non è il risultato o il gioco; ma solo il contratto.

Anonimo ha detto...

Io lavoro essenzialmente tramite le agenzie, ed è difficile argomentare "contro" le convinzioni e le paure dei responsabili. A volte, però, mi riesce di imporre il mio punto di vista quando posso provare che si sbagliano.

Che dite, riuscirò a educarli? :-D

Alex

spai ha detto...

speriamo di si!!!

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